lunedì 30 giugno 2014

Giornate da saltare a piè pari

Oggi mi sento addosso la dinamicità di un koala miope finito per caso in una piantagione di oppiacei andati a male. Quando mi sono svegliato stamattina con sto ferro di cavallo incollato alla cervicale, inciampando sul lenzuolo irrimediabilmente aggrovigliato alle caviglie, ho subito capito che andare a lavorare sarebbe stata una fottuta missione. In linea di massima non ho voglia di fare un cazzo. In pratica, anche volendo, non sono in grado di fare un cazzo. Che poi lavorare al computer significa entrare di petto in un mondo matrixiano che non lascia scampo alla leggerezza. E se aggiungiamo la lentezza esasperante della rete, che tra un clic e la risposta ti dà il tempo di andare a farti una passeggiata tra le pieghe inutili dell'esistenza, non c'è salvezza. Queste situazioni un pò mi spaventano, baricentro immobile, nessuna vibrazione. Il mondo distante, di cartone. Prospettive non ve ne sono, nè dentro nè fuori. Solo quella di veder al più presto la notte infilarsi dappertutto. Per ora mi tengo sto monitor dalla luminosità accecante, il ronzio di ventole sovraccariche, il mio caffè raffermo, e il ticchettio delle dita sui tasti mentre deformano inevitabilmente la sostanza del mio pensiero.

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