venerdì 6 dicembre 2019

Post di utilità sociale

l discorso è molto semplice. Sulla bilancia abbiamo da un lato la certezza di pagare le bollette per tutta la vita, fino a quando morte non ci separerà da questo matrimonio obbligatorio. E dall'altro la possibilità di unirci a una azienda innovativa che assieme a noi sifda un sistema in cui non abbiamo mai avuto voce in capitolo, e da questa azienda venire ripagati con degli sconti sempre più alti che, prima la abbassano, poi la dimezzano e alla fine possono superare l'importo della bolletta stessa. Quindi di fatto, a distanza di un pò di tempo, un anno e mezzo forse due, un niente rispetto a una vita di sacrifici, cosa troviamo? Troviamo la possibilità di non pagare mai più le bollette per tutta la vita. Il progetto si chiama Zero, l'azienda si chiama Ubroker, e come tutte le aziende del settore è certificata e riconosciuta dall'autorità. Solo che Ubroker non assomiglia a nessuna delle altre, anzi è unica. Cosa la distingue da tutte le altre risiede in sostanza nella differenza che c'è tra le persone che scelgono Zero per le proprie utenze di luce e gas, e le altre! Molte cose. Vediamo quali:


La prima è la LUNGIMIRANZA: una bolletta forse dà solo un pò fastidio, la apri, imprechi, la paghi e finisce lì. Ma un anno intero di bollette sono una cifra considerevole, sono a conti fatti un viaggio per una intera famiglia, o quelle spese mediche che oggi magari non si possono affrontare serenamente, e quei percorsi di studio per i propri figli che oggi non ci si può permettere, insomma sono uno stipendio in più e altre piccole grandi soddisfazioni; alla distanza quindi una vita più dignitosa e all'insegna dell'abbondanza, cosa che in questo sistema fagocitante a molti non è permessa. Fate un conto di quanto spendete in un anno, tra luce e gas. Immaginate ora che quella cifra vi resti in tasca per sempre. Proiettatevi da qui a dieci anni. Bene, sta già accadendo a migliaia di persone in Italia.


E in cosa si differenziano poi le persone che hanno scelto Zero? Non hanno avuto paura di DARSI una POSSIBILITA', e condividerla con quelli cui vogliono bene, ovvero semplicemente chiamare un amico come lo si chiama per consigliare una qualsiasi pizzeria o un meccanico, e dirgli "ehi socio, vieni con me, c'è una grossa nuova opportunità, investiamo 15 minuti con una persona di fiducia perchè ne vale veramente la pena e poi tiriamo le somme". Perchè basta mettersi tutti insieme, senza timore, e ce n'è per tutti. Un po' come quando condividiamo i nostri fatti personali sui social, solo che sta volta hanno una utilità sociale.


E poi ancora? L'UMILTA': hanno deciso di imparare qualcosa di nuovo, e non fare quelli che amichevolmente io chiamo i sapientini, i pierini, i distruttori, quelli che sanno già tutto e poi magari li trovi a girare le etichette nei negozi per cercare gli sconti, o a spendere mezza paga in sigarette e gozzoviglie per poi fare i pignoli sulle briciole e argomenti che non conoscono. La vita non cambia quando non si ha il coraggio e l'umiltà di ascoltare chi ne sa qualcosa in più, quando non si vuole mettere il naso fuori dalla propria zona di comfort.


Ma poi che comfort è pagare più del doppio di quello che si è consumato, pagare il canone, pagare le accise sulla guerra tra Ramses II e gli Ittiti, pagare tutte queste tasse? Non vi spaventa l'idea di dover pagare per sempre e sempre di più? Sapete qual è la cosa peggiore che può succedere quando cambiate gestore? Che vi chiameranno a casa come hanno sempre fatto, a pranzo e a cena, una voce senza volto, per dirvi con qualche escamotage di tornare da loro perchè vi abbasseranno quella famosa tariffa che a conti fatti non ha mai cambiato nulla nelle vostre tasche. Spiccioli. La solita secolare menzogna. Non lo ha fatto prima e non lo farà ora. Ve lo dirà un giovane messo lì a recitare un mantra a 3 euro all'ora o un venditore pagato profumatamente per mentirvi. E se proprio vorrete fare un passo indietro, gratis quella tariffa la otterrete, e continuerete a pagare. Io che questo progetto l'ho abbracciato senza titubanza e ci collaboro, e la luce a distanza di 8 mesi non la pago più, mai più, quando mi chiamano per ripetermi la storiella mi diverto un sacco, perché non sanno che in fondo al foglio io trovo uno 0; perchè una cosa è la tariffa e una cosa è l'importo di una bolletta; e non sanno che della tariffa non mi interessa nulla, perchè la bolletta me la azzero con gli sconti.


Si chiama Zero per questo motivo ed è un progetto unico in Europa e nel mondo, creato da persone che ci hanno messo il genio, il denaro, e la capacità imprenditoriale, e supportato da molti collaboratori che ci mettono la faccia come me e stanno rivoluzionando insieme un sistema che da decenni non ha più niente da dire, solo polli da spennare. Semplicemente una cosa che va sentita, appresa, e valutata, con la giusta dose di umiltà. Di Zero parlano i giornali di economia e finanza, e tante fonti attendibili tra cui l'Ansa, le stesse che riportano notizie di multe milionarie ai gestori cui molti di noi sono indissolubilmente attaccati e affezionati. A vostra disposizione c'è Google! Spero ci sia anche il cervello. Il premio è molto alto. Zero è il futuro nel settore delle multi-utilities.


Signori, quei soldi li spendete già: datevi una possibilità. E fatevi una domanda: anche solo approfondire, quale costo ha? Ve lo dico io, "0", come il nome del progetto. Se la cosa vi interessa, fatemelo sapere qui e ne possiamo parlare in trasparenza.










Per tutti quelli cui invece non interessa liberarsi delle bollette, quelli cui "piace" pagarle, quelli che "io sono a posto così", e so che si raccontano questa bugia per arroganza, superficialità o paura, ecco per quelli c'è semplicemente l'inevitabile. Pagare per il resto della vita.

mercoledì 31 luglio 2019

Grandfather


Mio nonno saltò su una mina ai tempi della guerra, perdendo la vista per sempre, da giovanissimo. Era uno sminatore. Sviluppò enormemente gli altri sensi, e la voglia di vivere gioiosamente, grazie anche alla donna esemplare che aveva accanto. Vorrei non aver rimandato troppe volte quella chiacchierata tra uomini, per chiedergli cosa ha potuto vedere con i suoi "nuovi occhi", cosa aveva imparato. Ma uomo ancora non ero, avevo sempre cose più importanti da fare. Nonostante la felice frequentazione, quel confronto tra uomini l'ho sempre rimandato. Mi siederei oggi con lui su questa panchina e lo riascolterei con il cuore, per ore ed ore, fino al tramonto.

venerdì 12 luglio 2019

Singing


Del ruolo di cantante mi piace il fatto che, anche se non sai mai come andrà a finire, una volta che sei dietro al microfono, in qualsiasi condizione, non ti resta che fare quello per cui sei lì, ovvero cantare. E siccome cantare significa esporsi, denudarsi, dare in pasto agli altri la propria forza, ma anche le proprie fragilità, è una faccenda viscerale che costringe a una crescita personale. Perché quella sfacciataggine, quel gesto di sana follia che è il mettersi dietro a un microfono, richiede un certo controllo di sé ma soprattutto l'accettazione del fatto che non tutto di sé si può o si deve controllare.


mercoledì 10 luglio 2019

Ricalcolarsi

Quello emozionale è un scontro impietoso, imprevedibile e senza fine. Mi osservo spesso da bordo ring, nell'attesa del gong, quella pausa in cui riprendere fiato, asciugare la fronte, curare le ferite o semplicemente guardare l'altro me fare i conti all'angolo opposto con le proprie beghe e i propri limiti. Quella pausa in cui capire se c'è da aggiustare il tiro o gettare una spugna che però non è in dotazione. La logica di questa alternanza senza fine di cazzotti e carezze ...attese e colpi, che alla fine non è che l'irrinunciabile partita di una stesso soggetto contro l'idea di sé, non mi è del tutto chiara. La cerco nelle sfumature di un progressivo cambiamento interiore, e se non riesco a orientarmi nei meandri astratti della mia anima, la cerco negli effetti pratici che questo produce sulla mia vita reale, quella vissuta, quella fatta di cose tangibili, risultati, approvazione, concretezza e geometrie. Mi dico, forse un approccio pragmatico potrebbe chiarirne il senso. Invece spesso mi sembra solo tutto un grosso groviglio di buoni propositi la vita. Faccio cose che producono cose che producono cose, mi attorciglio su me stesso senza sapere veramente dove sto andando a volte, ne' perché. Oppure ne sono consapevole ma ci vado con uno stato d'animo che non abbraccia a meraviglia gli obiettivi che mi ero prefisso, con dei solchi dentro in cui vedo spandersi in rivoli tutte le energie profuse, fino a vanificare gli sforzi. Nel guadagnare una cosa ne perdiamo un'altra, un continuo ricalcolarsi reso ancora più complicato, per quanto interessante, dalla convivenza sociale, dalla percezione e dalle aspettative di chi crediamo potrebbe capirci, amarci, ascoltarci o semplicemente crederci. E ad ogni suono di gong, quelle pause irregolari in cui mi è dato di respirare e tirare le somme, mi ricordo che quello emozionale, a prescindere, rimarrà comunque quello scontro impietoso, imprevedibile e senza fine tra me e un altro pezzo di me, tra i due e il mondo esterno. In questo vorticare per me esiste solo un rifugio: lo sguardo di leggendaria purezza dei miei bambini, acque limpide e chete in cui m'è dolce il naufragare. Lì trovo le mie risposte. La spinta a fare di più. O semplicemente a fare. Questo è credo, uno dei privilegi di essere un padre.

giovedì 20 dicembre 2018

Piccoli virgulti

Oggi mia figlia dal nulla mi ha detto una cosa in auto, mentre la stavo portando a scuola, sulla falsariga di un pensiero che le devo aver espresso mesi prima in non so quale circostanza: "papà, non è che io debba fare tutte le cose che fanno gli altri solo perché le fanno gli altri, devo usare la mia testa e fare le cose che piacciono a me e fanno stare bene me". E' incredibile come certe parole espresse dai genitori in qualche modo germoglino silenziosamente per mesi dentro a un bambino di 5 anni per poi riemergere all'improvviso sotto forma di concetto più o meno strutturato. Comunque stavo per andare dritto in un fosso dalla felicità.

Arroganze


Un tizio la scorsa settimana si affaccia alla cassa presso Center Casa: "visto che qui fanno piuttosto schifo, sapete dove posso trovare delle belle statuine dei re magi?". Da quel giorno in pieno spirito natalizio mi piace entrare a caso dai parrucchieri per chiedere se sanno dove posso trovarne uno che non fa tagli di merda.

venerdì 7 dicembre 2018

Uno scarso pittore


Quando abitavo da solo e ancora non dovevo correre dietro a due schegge impazzite fino ad esaurimento scorte, ero solito leggere un pezzo di libro prima di coricarmi. Appoggiavo il cuscino sullo schienale del letto in modo da mantenere una posizione che mi permettesse di sottolinearne le frasi più belle. Alternate alle serate dedicate alla lettura c'erano quelle di scrittura. Prendevo in mano un foglio e una penna anche senza aver niente di particolare da dire o un destinatario a cui far leggere e, accompagnato dalle fusa del gatto o dal ronzio del frigorifero rimanevo in silenzio nella penombra, immobile di fuori e in grande fermento dentro, aspettando l'onda dell'ispirazione, un guizzo, un pensiero da rubare alla giornata trascorsa, da afferrare al volo e poi dipingere d'inchiostro. Era strana questa cosa di aver voglia di scrivere ma non saper ancora bene che cosa. Tuttavia sviscerare mi faceva sentire vivo ed era quanto di più concreto potessi fare per fermare il flusso disordinato, e magari destinato all'oblio, della mia mente fagocitante. Insomma quella cosa di scrivere mi arricchiva, a prescindere dal risultato, dal cosa e dal come. Certo era un periodo di amori spanti e pulsanti crisi esistenziali, quindi la condizione ottimale di chi è irrisolto e libero istintivamente di ricalcolarsi. Quell'entrare e uscire a piacere nell'ingarbugliato territorio della mia testa mi causava a volte un peso sulle tempie a dir poco leggendario, ma era necessario e presto o tardi anche rinfrancante, perché non dovendo curarmi di dover gestire alcun senso di responsabilità per le cose pensate, mi bastava concentrarmi sul tentare di dar forma istantanea, bella o brutta, al mio sentire, cosa che mi scongiurava il terribile fenomeno dell'accartocciamento o dell'implosione. Mi sentivo come un pittore dalle scarse qualità, fortunatamente senza pubblico, in preda all'estro creativo, che non deve curarsi di sporcare il pavimento del laboratorio perché sa che fino a prova contraria il laboratorio di un pittore è fatto per essere sporcato. Ecco, le mie tele non se le sarebbe guardate nessuno, la cosa che contava era che quando uscivo di casa la mattina seguente, nei miei occhi e sulle mie mani restavano i solchi di quel torbido lavoro di intro navigazione, e il senso ultimo di quelle brevi avventure interiori in qualche modo finiva per trasferirsi costruttivamente negli intrecci delle relazioni umane che via via andavo intessendo, con un incremento considerevole di flusso empatico verso la gente e il mondo intero. Quello che sono oggi lo devo anche a quei fogli tagliati in due dalla luce sul comodino, sporchi di inchiostro, o vuoti, o pieni di niente, o colmi di tutto, cui dedicavo più tempo che alla tivù. Mi chiedo spesso perché io non riesca a farlo più. A esser sincero non è tanto una questione di tempo a disposizione. Certo non trovo risorse a sufficienza per scavare costantemente come un tempo nei terreni torbidi dell'anima, ma credo dipenda più dal fatto che la vita del genitore attendibile imponga un rigore morale e una solidità mentale che non possono contemplare divagazioni pericolose o capitomboli espressivi. Voglio dire, un bravo papà deve tirare dritto e impavido, essere un esempio coerente, un sostegno per quelle anime fragili che sono i suoi figli, e che rischiano ogni giorno di inciampare, e chiedono riferimenti precisi e affidabilità e un amore ben assestato. Voglio dire...a sviscerare e scavare si corre sempre il rischio di non uscirne integri e riconoscibili come prima. Non sempre ne sono uscito illeso infatti, e quando è capitato ho trascinato via con me anche molte cose che erano belle e che sembravano intoccabili. Insomma e' un lusso che ci si può permettere forse solo a fasi alterne nella vita. Così oggi mi limito a ricordare: la mia camera era grande, con vista sul verde, il gatto e tutto il resto. Il mio laboratorio era immenso, con vista sul caos primordiale, l'inchiostro e molto altro.