Caffè caldo. Il telefono squilla. Non rispondo. È una intricata costellazione di incroci e possibilità, la vita. Un estuario di diramazioni e scelte, che non arriva mai al mare. Scelte di cui siamo artefici, anticamere di nuovi bivi. Una roba infinita. Ma davanti a quali incroci trovarci, e soprattutto quando, non siamo noi a deciderlo. Da questo punto di vista la vita forse è semplicemente una sequenza di attimi che capitano o non capitano, tutto qui, e noi li prendiamo così come arrivano, o li perdiamo. Il tutto secondo un disegno che sfugge alla comprensione. Perché a ben vedere, per ogni decisione presa ce ne sono infinite che non abbiamo potuto prendere. E per ognuno di noi ci sono infiniti noi che saremmo potuti essere. Fuori dai bordi del disegno. Da qualche parte. In qualche tempo.
martedì 22 dicembre 2015
Dentro o fuori dai bordi
Caffè caldo. Il telefono squilla. Non rispondo. È una intricata costellazione di incroci e possibilità, la vita. Un estuario di diramazioni e scelte, che non arriva mai al mare. Scelte di cui siamo artefici, anticamere di nuovi bivi. Una roba infinita. Ma davanti a quali incroci trovarci, e soprattutto quando, non siamo noi a deciderlo. Da questo punto di vista la vita forse è semplicemente una sequenza di attimi che capitano o non capitano, tutto qui, e noi li prendiamo così come arrivano, o li perdiamo. Il tutto secondo un disegno che sfugge alla comprensione. Perché a ben vedere, per ogni decisione presa ce ne sono infinite che non abbiamo potuto prendere. E per ognuno di noi ci sono infiniti noi che saremmo potuti essere. Fuori dai bordi del disegno. Da qualche parte. In qualche tempo.
giovedì 17 dicembre 2015
Pedro
Il castello di Sao Jorge a Lisbona è un luogo molto suggestivo, specie
al tramonto. Stavo percorrendo in solitudine i suoi viottoli interni
godendomi il panorama sulla città dalle fenditure delle alte mura, con
il ponte 25 de Abril e la Torre di Belem stagliati sopra ai tetti
all'orizzonte, a specchiarsi sul Tago. Ma mi stavo godendo soprattutto
la brezza mite e il silenzio, perchè era pomeriggio inoltrato e le
chiassose comitive se n'erano già andate via. Eravamo rimasti io,
un gatto spaparanzato su un cannone, la guardia lontana, due vecchietti
su una panchina levigata dalle soste di milioni di persone, una
famigliola che correva dietro al cane e ai propri impegni e qualche
turista ritardatario come me. Non avevo fretta, non avevo meta, e
soprattutto non avevo bisogno delle lancette dell'orologio. Che a
pensarci già quella era una specie di magia. Arrivando a un slargo con
la mappa della cittadella in mano, mi sono imbattuto in quest'uomo
incredibile, seduto sul seggiolino, accanto a un albero. Ho contemplato e
ascoltato le sue dita creare meraviglie per circa 45 minuti,
accartocciato poco più in là su un cumulo di pietre lasciate a terra dal
terremoto del 1755. Senza che lui mi guardasse mai. Lo fece solo alla
fine, quando concluse la Sonata n.14 di Beethoven, regalandomi un tenue
sorriso. Il sorriso di uno che suona per omaggiare la storia millenaria
del posto a cui si sente di appartenere, più che per racimolare denaro
da volti sconosciuti, ma che capisce quando le emozioni si sono
intersecate veramente, genuinamente. Di recente ho ritrovato il cd che
gli comprai per pochi spiccioli, dentro a una scatola in cantina. E oggi
ho trovato in rete un video che qualche turista deve avergli fatto con
la stessa ammirazione con cui allora io mi sono abbandonato alle
vibrazioni delle sue sei corde per tutto il tempo che mi è stato
concesso. Spero possa arrivarvi anche solo un minimo di quella emozione.
Si chiama Pedro Godinho e ce ne vorrebbero molti. Qui sotto il filmato.
Iscriviti a:
Post (Atom)