lunedì 30 giugno 2014

Una volta si andava semplicemente al mare.

Una volta si andava al mare. E, vivendo in una città di mare, i preparativi erano semplici semplici. Sdraio, giornale, spiccioli per la bibita, asciugamani, mutande di ricambio, chiavi dello scooter, stop. Oggi si va in missione. Crema protezione a fondo scala per la bimba, salvagente per la bimba, materassino gonfiabile per la bimba, paletta secchiello bambola palla rastrello, ciotole varie e pezzi di lego gommoso per la bimba, cappellino per il sole per la bimba, set di slip di riambio e pannolini per la bimba, crema Fissan cementante per la bimba, quattro tipi di merenda per la bimba, sei asciugamani di cui tre per la bimba, carrozzina, triciclo, braccioli e salviette asciutte e umidificate sempre per la bimba, e non per ultimo il bancomat per le eventualità.

Giornate da saltare a piè pari

Oggi mi sento addosso la dinamicità di un koala miope finito per caso in una piantagione di oppiacei andati a male. Quando mi sono svegliato stamattina con sto ferro di cavallo incollato alla cervicale, inciampando sul lenzuolo irrimediabilmente aggrovigliato alle caviglie, ho subito capito che andare a lavorare sarebbe stata una fottuta missione. In linea di massima non ho voglia di fare un cazzo. In pratica, anche volendo, non sono in grado di fare un cazzo. Che poi lavorare al computer significa entrare di petto in un mondo matrixiano che non lascia scampo alla leggerezza. E se aggiungiamo la lentezza esasperante della rete, che tra un clic e la risposta ti dà il tempo di andare a farti una passeggiata tra le pieghe inutili dell'esistenza, non c'è salvezza. Queste situazioni un pò mi spaventano, baricentro immobile, nessuna vibrazione. Il mondo distante, di cartone. Prospettive non ve ne sono, nè dentro nè fuori. Solo quella di veder al più presto la notte infilarsi dappertutto. Per ora mi tengo sto monitor dalla luminosità accecante, il ronzio di ventole sovraccariche, il mio caffè raffermo, e il ticchettio delle dita sui tasti mentre deformano inevitabilmente la sostanza del mio pensiero.

venerdì 27 giugno 2014

A un volo da qui

In India ho visto una faccia della povertà che non conoscevo, qualcosa che assomiglia più alla semplicità che alla carenza di mezzi...ogni angolo di strada suggerisce un sottile ribaltamento delle cause e degli effetti...ogni scorcio irradia sottili pulsazioni, come il riflesso di una energia non convenzionale che tutto avvolge e tutto colora... La vita si esplica vivacemente sulla scia di una filosofia che permette alla gente di vivere con dignità anche nella consapevolezza di "non potere molto", perchè vi è associata la convinzione di "avere abbastanza"... In questo viaggio multidimensionale in me si è rafforzata l'idea che nel nostro sistema di vita, fatto di tutto e di niente, regna l'assurdo...perchè è un sistema governato da perversi meccanismi messi a punto da perversi cervelli con lo scopo perverso di divorare le menti. Una mente divorata dall'interno non può reagire, non può contestualizzare. Non può facilmente cambiare prospettiva. E ci perdiamo in un sacco di stronzate ogni giorno, rinunciando a conoscerci veramente l'un l'altro...a compenetrarci in senso più spirituale, autentico... ripetiamo meccanicamente gesti che hanno poco a che fare con la condivisione dei valori, con la ricerca di un equilibrio, con la crescita personale, con il progredire e più in generale acquisire una certa ricchezza. Abbiamo come l'urgenza di prendere delle scorciatoie ovunque si vada. Bisogna arrivare prima! Non importa dove, ma prima... L'inevitabile effetto collaterale di questo prezioso viaggio per me è stato comprendere che al di là delle apparenze in questa mia vita sono un perfetto esempio di uomo fuori fase. E' solo la breve umile istintiva descrizione di una sensazione ma quanto basta per farmi venire la voglia di mandare tutti a fanculo partendo da me. E poi succede che non cambia nulla, rimangono delle foto, nel tempo, nel cassetto, e una scia...

Senso

Esiste un senso di noi, dentro le parole, e oltre le parole. E' sottintesa una responsabilità. Ma mi chiedo fino a che punto c'è da scapicollarsi ad intrecciare silenzi e alfabeti affinchè questo senso fuori arrivi...ché prendersi cura della comunicazione è un piccolo dovere, ma la naturalezza del reciproco riconoscimento è una piccola magia...

Hai voluto la bicicletta?

Uno si racconta. Nel raccontarsi può capitare che si lasci andare a considerazioni che mettono in luce le difficoltà affrontate rispetto a questa o quella situazione esistenziale, perchè gli aspetti positivi magari sono impliciti. Per fare un semplice esempio, al termine di un allenamento faticoso, anche se a distanza rigenerante, uno può dire: "cacchio che stanchezza fotonica". Ed ecco che dall'interlocutore arriva in risposta l'apoteosi del luogo comune: "hai voluto la bicicletta? pedala". Ora, salvo fatto che preferisco la mia biciletta al tuo instabile monopattino per infanti...perchè non ti leghi una bitta al collo e ti lanci dalla scogliera così senti via via scemare il suono del campanello sul mio manubrio fino allo schianto fatale?

martedì 24 giugno 2014

Trascurabili episodi di entomo-nevrosi

Scappotto con i moscerini giuro. Quelli a palletta, con le ali nel mezzo, che non sai dov'è il davanti e il di dietro. Eh, quelli. Ad un tratto appaiono davanti agli occhi, silenziosi, lentiiiiiiiiiii eppure sempre sfuggenti, zac zac!...come pulviscolo appoggiato alla cornea, sai che c'è, sembra lì davanti ma in realtà le distanze sono fasulle, cerchi di metterli a fuoco e ti si accartocciano gli occhi. E poi devono essere di gomma, non capisco, gli consegni il manrovescio e tornano più arzilli di prima, come attaccati a un elastico, è più facile prendere a ceffoni un fiocco di neve; allora tenti di chiuderli in un pugno pregustandone la morte e quando lo apri tutto orgoglione non ci sono già più, forse scappati da qualche minuscola fessura tra le dita, o forse già sulla tua spalla a ridere della faccia che avresti fatto. Credo che se potessimo ingrandire la scena con uno zoom fotonico li vedremmo fare i raid davanti alla faccia, mentre guidiamo, o leggiamo un libro, o facciamo colazione, con un bel dito medio e una sghignazzata alla "Oggy and the cockroaches", per poi sparire dal campo visivo al primo tentativo di reazione!

lunedì 23 giugno 2014

Una città un perchè

Ogni mattina per andare in ufficio guido lungo Strada del Friuli, una lunga serpentina asfaltata in bilico su un costone roccioso che collega l'altipiano carsico, dove dimoro, al centro della mia città, dove lavoro. E ogni volta, dico ogni volta, a prescindere dalle pietose condizioni con cui sono solito muovere i primi passi nel mondo dei vivi, con la vista a sedici noni, i sensi sopiti e le articolazioni mummificate, mi incanto alla vista panoramica di questa bellissima città di mare.
 
 
Solo che allo stesso tempo mi sale lungo la spina dorsale una specie di fastidio incontrollabile, perchè questo angolino di mondo dal grande potenziale, sconosciuto ai più, da decenni viene trattato senza il rispetto e la lungimiranza che merita. Per dirla in altre parole: ho un debole per la mia città ma mi stanno mediamente sul cazzo i suoi abitanti, tra questi in particolare quelli che la governano.
 
Questo è il luogo del "non si può fare". Abbiamo perso l'EXPO per l'inerzia dell'amministrazione causando la fuga degli investitori e di enormi opportunità. Abbiamo immobilizzato le infrastrutture portuarie guardando le navi salpare verso altri porti per incapacità gestionale. Abbiamo asfaltato alla meno peggio le nostre bellissime piazze, senza contemplare la possibilità di allestire zone verdi, spacciando queste schifezze edili per interventi di rivalorizzazione. Riversiamo nel golfo e nell'aria quantità inimmaginabili di residui tossici attraverso un immobile polmone nero della siderurgia, che tutti vorrebbero demolire e nessuno di quelli che "contano" ha il coraggio di contrastare. Abbiamo visto fallire la nostra squadra di calcio di serie B, oggi relegata nelle categorie dilettantistiche e destinata a un grande stadio vuoto e costosissimo. Abbiamo lasciato nel dimenticatoio il castello di Miramare e soprattutto il suo parco, un miracolo botanico dal valore inestimabile oggi ridotto alla secchezza. Abbiamo fatto deragliare lo storico tram, sulle cui rotaie arrugginite, nonostante i soldi spesi, parcheggiamo abusivamente un campionario enorme di veicoli. Abbiamo incasinato la politica rivendicando preistorici discutibili trattati di indipendenza della città dallo Stivale, trattati che l'Europa non riconoscerà mai e che non tengono conto della storia e dell'eredità dei nostri cari. Abbiamo svenduto lo svendibile alla mafia cinese che ha trovato qui il posto adatto in cui piazzare i soldi sporchi e aprire attività commerciali di dubbia qualità. Abbiamo il più alto tasso di alcolismo e numero di anziani in Italia, perchè i giovani se ne vanno e quelli che restano si attaccano alla bottiglia.  
 
Trieste è come una bellissima donna tenuta in ostaggio da un mediocre possessivo compagno. Non so per quanto ancora continueremo a costringerla in pigiama. So che molti stanno scappando, e ...so che a volte vorrei andarmene anch'io. Non fosse per quello che vedo ogni mattina dalle fessure dei miei occhi...

giovedì 19 giugno 2014

Bolas e zarabatanas

Nel nome dello sport, della pace nel mondo, della fratellanza e della sicurezza negli stadi in Brasile hanno impegnato qualche milionata di dollari per predisporre degli innoqui dissuasori di intemperanza chiamati anche missili-terra aria. Ahah...intanto si discute nei tribunali la violazione dei diritti di proprieta' dell'immagine del Cristo, che dopo quella volta non ne ha mai avuta una sua......e che continuiamo a sfruttare e martoriare anche da morto per meri obiettivi economici e di potere. La signorina cacacazzi Jennifer Lopez ha fatto pure l'indecisa sulla sua presenza alla cerimonia di apertura, si no forse vedro' dipende...manco fosse indispensabile alla sopravvivenza del genere umano. Infiltrati dell'intelligence brasileira controllano le organizzazioni calde. Gli indigeni sfrattati tirano di arco e di cerbottana. Siamo alla follia pura. Se il puntero della squadra di casa sbaglia un rigore decisivo nella partita decisiva...ci scappa il morto sicuro. Anche se qualcuno ci ha già lasciato le penne a dirla tutta, ma era un qualcuno che non era nessuno quindi il circo ha proseguito il suo show senza disturbo. Io non riesco piu' a capire. Il campionario delle nefandezze umane ha raggiunto ormai proporzioni epiche.

mercoledì 18 giugno 2014

Donchisciottismo spinto

Provo uno strano mix di tenerezza e intolleranza verso quel genere di persone che sbandierano costantemente la loro indipendenza esistenziale dagli altri, e poi tutto quello che fanno lo fanno in funzione del bisogno imprescindibile di dimostrare loro qualcosa. Come un partner cornificato da una moglie disinnamorata che reagisce esibendo superiorità mentale, e poi non dichiaratamente rimette in ogni sua nuova concquista il desiderio di rivalsa cercando di farsi vedere in giro con la nuova fiamma, perchè in fondo gli rode ancora il culo, e non si sa mai che qualcuno lo vede e lo va a dire alla ex. Solo non capisce che alla ex non frega un beneamato cazzo da un bel pò.
 

Come mi illumino di nonsenso

Pamela Anderson: "Lo confesso, il seno mi ha aiutato...e lo porto sempre con me!". Sono sconvolto da questa rivelazione. In primo luogo perche' è un argomento di indiscutibile interesse, non potevo dormire sonni sereni senza la certezza che tra la bagnina e le sue protesi esistesse un rapporto idilliaco e di rispetto reciproco. Secondo, non immaginavo che due tette di trenta chili potessero aiutare cosi' tanto al giorno d'oggi, cioè proprio mi sfuggono le dinamiche di questa cosa per cui in questa società altamente meritocratica due tette cosmiche rappresentino una scorciatoia al successo. Ma, soprattutto, non avrei mai pensato che le tette si potessero portare sempre con se'!!! Io davvero credevo si potessero all'occorrenza lasciare a casa, come le mutandine o la carta di credito. O il cervello.
 

martedì 17 giugno 2014

Giro di boa

Incomincio d'impulso con una ovvietà sulla quale credo troverò molti daccordo: il mondo così com'è fa un pò schifo. Anzi bisogna essere precisi: il mondo così come lo abbiamo conciato fa un pò schifo. Lo dico prima da padre, e già che ci sono lo dico anche da papà, chè non ho saputo essere altro da quel giorno. Per l'esatteza era l'8 luglio del 2013. Vedere l'ectoplasma di un prozio sorridermi da dentro un autoscatto, o un omino verde con la tuta spaziale bere dalla fontanella del mio giardino, sarebbero state esperienze rivoluzionarie, ma mi avrebbe inebetito meno. Perchè perdersi per la prima volta nelle pupille di un figlio non ha eguali. Qualcuno può capire. Non se ne esce interi, e solo questo dico qui in merito, per non smarronare con le storielle sulle prese di coscienza e le nuove consapevolezze del caso. Ora, se ho iniziato il mio blog parlando del mondo, quello che così com'è fa un pò schifo, è perchè prima ci sguazzavo dentro e basta, ma ora fino a prova contraria in questo mondo dovrò anche crescerci mia figlia. E intuitivamente crescere una figlia non è esattamente come dare da bere a una piantina e limitarsi ad osservarla mentre fa le foglie. La seconda intuizione che ho avuto è che, mi sa, sarà meglio non farla venire su a mia immagine e somiglianza, così...per evitarle un sacco di grane. La terza è più una sensazione: quando penso a tutte le cose che non so mi sento microscopico e vulnerabile; mi chiedo allora quante vite dovrei vivere per poter dire di saperne qualcosa della realta', ce ne fosse una soltanto e non una per ogni occhio che vede, o non vede. Allora capisco che a mia figlia, (quarto step: considerazione) non potro' aver la presunzione di insegnare la realta' o il senso ultimo delle cose, quanto l'importanza di coltivare la curiosita', l'osservazione, e approfondire e articolare, di quel senso apparente, la propria interpretazione. Perchè questo è  forse l'unico modo per restare salvi mentre intorno tutto va a rotoli.